Incidenti sul lavoro e COVID-19

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La ripresa economica, accompagnata da un maggior utilizzo di lavoratori over 60, fa salire il numero di infortuni e di morti sul lavoro, e così si torna inevitabilmente a dubitare dei progressi realizzati dal nostro Paese per mettere in sicurezza fabbriche e cantieri. Per la prima volta da un quarto di secolo, incidenti e morti aumentano entrambi nei primi sette mesi dell’anno: rispettivamente dell’1,3 e del 5,2 per cento. Secondo i dati forniti dall’Inail nella sezione “Open data” del sito, nei primi sette mesi di quest’anno le denunce di infortunio sul lavoro sono state 380.236, 4.750 in più rispetto allo stesso periodo del 2016 (+1,3%). All’incremento hanno contribuito soltanto la gestione Industria e servizi (+2,1%) e la gestione Conto Stato dipendenti (+3,6%), mentre Agricoltura e Conto Stato studenti delle scuole pubbliche statali hanno fatto segnare un calo pari, rispettivamente, al 5,0% e all’1,9%.
Il confronto tra i dati dei due periodi richiede cautele, in particolare rispetto all’andamento degli infortuni con esito mortale, soggetto all’effetto distorsivo di “punte occasionali” e dei tempi di trattazione delle pratiche e di consolidamento degli archivi.
«È chiaro – dice Franco Bettoni, presidente dell’Anmil, l’associazione dei lavoratori mutilati o invalidi del lavoro – che la preoccupante crescita degli infortuni di questi mesi, concentrata soprattutto nelle attività industriali e nelle aree più produttive del Paese (Nord Ovest, Lombardia in testa, e Nord Est), debba in qualche misura ricondursi ai segnali di ripresa dell’economia». Insomma, più si lavora e si produce, più si è esposti al rischio di infortuni. Ma siamo sicuri che è tutta colpa della crescita?

Infatti gli infortuni mortali hanno raggiunto quota 591, 29 in più rispetto ai 562 decessi dell’analogo periodo del 2016 (+5,2%). L’incremento è legato principalmente alla componente maschile, i cui casi mortali sono saliti da 506 a 531 (+4,9%), mentre quella femminile ha fatto registrare un aumento di quattro casi, da 56 a 60 decessi (+7,1%). La gestione dell’Industria e servizi è la sola che ha avuto un incremento, decisivo nel saldo negativo finale, da 450 a 497 casi (+10,4%), mentre Agricoltura e Conto Stato presentano entrambe una diminuzione rispettivamente da 80 a 76 casi (-5%) e da 32 a 18 (-43,8%)
A fare la differenza nel saldo finale dei primi sette mesi di quest’anno continua a essere soprattutto il dato di gennaio, con 30 denunce mortali in più rispetto al primo mese del 2016 (95 contro 65 casi), oltre la metà delle quali legate alle due tragedie di Rigopiano e Campo Felice. Il confronto tra luglio 2016 e luglio 2017 fa registrare invece un incremento di tre casi.

A livello territoriale, le denunce d’infortunio sono aumentate al Nord (oltre 5.800 casi in più) e, in misura più contenuta, al Centro (+245), mentre hanno fatto registrare una diminuzione al Sud (-985) e nelle Isole (-337). Gli aumenti maggiori, in valore assoluto, si sono registrati in Lombardia (+2.821 denunce) ed Emilia Romagna (+1.560), mentre le riduzioni più sensibili sono quelle rilevate in Puglia (-672) e Sicilia (-658).
Nel Sud (-2 casi mortali per l’intera area geografica), l’incremento dell’Abruzzo (+15 casi) praticamente pareggia la diminuzione delle denunce registrata nelle altre regioni, mentre nelle Isole (+13 denunce), la Sicilia si evidenzia per i suoi 15 casi in più.
Le denunce di malattia professionale pervenute all’Inail nei primi sette mesi del 2017 e protocollate sono state 36.224, 1.336 in meno rispetto allo stesso periodo 2016 (-3,6%). Dopo anni di continua crescita, il calo delle tecnopatie denunciate conferma per quest’anno l’andamento già rilevato nei mesi scorsi. Le malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, con quelle del sistema nervoso e dell’orecchio, continuano a rappresentare le tecnopatie più denunciate (75,8% del complesso dei casi).

«La ripresa – dicono all’Inail – potrebbe avere avuto un ruolo, ma ci sono motivi più importanti per spiegare questo aumento degli infortuni, che tuttavia – è bene chiarirlo – non inverte affatto la caduta storica conosciuta negli ultimi decenni. Uno di questi motivi è l’età sempre più avanzata dei lavoratori, per via delle riforme pensionistiche: i riflessi e la lucidità diminuiscono, i rischi aumentano.Bisognerebbe ripensare all’organizzazione del lavoro nelle imprese, con regole nuove». In effetti quest’anno gli over 60 hanno subìto duemila infortuni in più e il 2% in più di morti sul lavoro.
È possibile inoltre – dicono molti osservatori – che soprattutto durante gli anni della crisi le imprese abbiamo investito meno nei sistemi di prevenzione. O si siano limitate ad organizzare corsi sulla sicurezza di scarsa utilità perché quasi sempre astratti, impartiti lontano dalle fabbriche e dai cantieri. Se a questo si aggiungono i limiti evidenti delle ispezioni e dei controlli pubblici, il quadro è quello di una politica anti-infortunistica ancora piena di buchi.